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venerdì 2 febbraio 2018

CRIMINALITÀ. LUCANO TRA I CONDANNATI DEL PROCESSO “FEUDO”. TRAFFICO DI EROINA DALLA CALABRIA A TARANTO E POI A SCANZANO JONICO, DIECI ANNI A MICHELE PUCE. ASSOLTO CON ALTRI 24 IMPUTATI GIOVANNI BRUNO

LA CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL'OPERAZIONE "FEUDO"
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO 2.1.18
SCANZANO JONICO - C'e' anche Michele Puce, pregiudicato della città del Metapontino, tra i condannati del “Processo Feudo”, scaturito dall'omonima operazione condotta tra Puglia, Basilicata e Calabria il 15 giugno 2016. Assolto, invece, un altro imputato del centro lucano, Giovanni Bruno. Per tutti i 61 soggetti coinvolti è caduto il reato di associazione mafiosa mentre è rimasto in piedi quello di associazione finalizzata al traffico di droga. “L'eroina - secondo l'accusa - viaggiava dalla Calabria a Taranto e dalla città pugliese in Basilicata”. La notizia è stata diffusa dall'associazione antimafia Libera Basilicata con un link del 31 gennaio nella sua pagina facebook: “Quindici giorni fa sono state emesse le condanne, con rito abbreviato, dal Gup del tribunale di Lecce, in seguito all'“Operazione Feudo”. C'è anche un lucano di Scanzano Jonico”. Il gup Stefano Sernia, infatti, ha condannato 36 dei 61 imputati del processo a carico di alcuni clan tarantini smantellati con un blitz della Guardia di finanza nel giugno di due anni fa. Venticinque le persone assolte tra cui Bruno. Secondo investigatori ed inquirenti, l’organizzazione, capeggiata dal boss Giuseppe Cesario, detto Pelè, morto nel marzo 2014, operava “in contatto con altre consorterie di Taranto, come il clan D’Oronzo-De Vitis, e in Calabria. Dopo il decesso del capo la gestione degli affari illeciti sarebbe passata nelle mani dei suoi luogotenenti. Le indagini, altresì, avevano accertato che il gruppo Cesario aveva rapporti con esponenti criminali di Scanzano Jonico ai quali forniva eroina”. Sempre secondo l'accusa “legami molto stretti erano stati consolidati con esponenti di spicco di note famiglie della 'ndrangheta del Vibonese, della Locride e del Reggino, dalle quali la cosca malavitosa si riforniva di sostanze stupefacenti ed armi sequestrate nel corso dell'inchiesta. Oltre alla droga, i gruppi criminali erano dediti all’usura, alle estorsioni, al porto e alla detenzione di armi, al contrabbando di sigarette”. Il gup, così, al termine del dibattimento, ha condannato, tra gli altri, a 16 anni di reclusione Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis; a 14 Luciano Bello e Salvatore Musciacchio; a 13 Gianni Bello; a 11 anni e un mese Egidio De Biaso; a 10 anni e 10 mesi Luigi Di Bella; ed a 10 anni Puce. Avverso alla condanna di quest'ultimo l'avvocato difensore, Livia Lauria, ha preannunciato ricorso. Ricordiamo che lo stesso Puce è stato condannato in primo grado nel novembre del 2016 a 30 anni di reclusione nell'ambito del processo “Neve tarantina” tutt'ora pendente in Corte di appello.

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